Questa è la Tenda…

Abbiamo accolto il primo ospite alla Tenda della Misericordia il 20/02/2012.

Questa data è piena di due, quasi un monito a ricordarci che nessuno vive se è uno, se è solo.

La Tenda è stata pensata per accogliere chi non ha più casa.
E, quindi, donne e uomini, italiani e migranti, famiglie con minori. Non escludiamo nessuno, tranne le persone con situazioni problematiche di cui non possiamo farci carico (alcolisti, tossicodipendenti, persone con disturbi psichiatrici).

Ma cos’è una casa?

Certo è il luogo dove si dorme al caldo e al sicuro, dove si mangia, dove ci si lava, ma è anche il luogo dove si vivono gli affetti più cari.

Sperimentiamo ogni giorno che, quando una persona perde la casa, perde innanzitutto la sua dimensione affettiva. E si ritrova da sola, spesso alla deriva in un mondo che gira troppo in fretta per potersi fermare a guardare l’altro in difficoltà.

Ospitiamo tutti per novanta giorni.

E’ un tempo breve, che però noi cerchiamo di dilatare al massimo semplicemente volendo bene a questa gente.
Quando ci sentiamo amati basta un attimo, un’ora, un mese della nostra vita a farci gustare un sentimento di pienezza e di eternità.

Dopo quattro anni di lavoro impegnativo sappiamo, più chiaramente di quando abbiamo iniziato, che i bisogni umani non si appagano solo con cibo, acqua, letti, medicine: un uomo, una donna hanno bisogno di uno sguardo pieno di fiducia, di una carezza, di qualcuno che prenda a cuore la loro storia e la loro ferita per “restare umani”.

A differenza della maggior parte delle Strutture di accoglienza, i nostri ospiti possono restare in casa tutto il giorno se lo desiderano.
Certo, noi li sollecitiamo a cercare un po’ di lavoro, e quindi ad essere attivi per migliorare la qualità della loro vita. Alcuni si danno da fare, altri si abbandonano agli eventi o aspettano che Qualcuno arrivi ad aiutarli.
Cerchiamo annunci di lavoro e inviamo curricula. Molte volte viviamo tanta frustrazione insieme a loro, quando non si riesce a trovare nemmeno un’ora di lavoro.
E sappiamo che questo è un nervo scoperto, che ha bisogno di un impegno più puntuale da parte nostra. Forse anche di più coraggio e creatività.

Indirizziamo i ragazzi migranti, spesso analfabeti, alle Scuole di italiano , collaborando con associazioni presenti sul territorio e insegnanti di lingua italiana.

Una volta alla settimana, ci riuniamo in cerchio con tutti gli ospiti per il gruppo di auto-aiuto e li invitiamo a condividere come stanno, a prendere contatto con la loro interiorità.

Il sabato pomeriggio ci riuniamo di nuovo , con la guida delle Suore congolesi, per condividere la parola del Vangelo della domenica oppure brani del Corano o di altre Scritture.

Ogni tanto, facciamo un po’ di animazione insieme agli ospiti: cantiamo, balliamo, suoniamo, ci scambiamo allegria e leggerezza.
Ed è proprio bello accogliere in questi momenti la parte più creativa e libera della persona: per un attimo ci si dimentica della propria condizione di disagio e si ridiventa bambini senza peso e senza ricordi, abbandonati alla vita con rinnovata fiducia.
Quando i nostri ospiti sono stanchi o confusi, o sopraffatti dalla tristezza o dalla paura, li ascoltiamo attraverso colloqui individuali, accompagnandoli per un breve tratto di strada.

Alcuni tornano a visitarci dopo i novanta giorni.

E noi ne siamo felici, perché sappiamo che, se per poco tempo abbiamo offerto ad essi un tetto e del cibo, il legame che insieme abbiamo costruito rimarrà per sempre e potrà nutrire il loro cuore e il nostro.

Dice Antony de Mello:

“…il più bell’atto d’amore che tu possa realizzare non sarà un atto di servizio verso gli altri, ma un atto di contemplazione, l’atto del “vedere”.

Quando tu compi un’azione di servizio verso una persona tu la aiuti, la sostieni, la conforti, le rechi sollievo nelle sue pene.
Quando invece tu la vedi nella sua bellezza e nella sua bontà interiore, tu la trasformi e la ricrei”.

Ecco, in minima parte, per quanto ci è possibile, con tutti i limiti e le contraddizioni, alla Tenda cerchiamo innanzitutto di “vedere” la persona , accogliendola nella sua umanità, fragile e meravigliosa.

Caserta, 12/02/2016